Una premessa è che nelle escursioni in montagna normalmente il tema archeologico è poco trattato, in quanto le emergenze conosciute non sono tante ed in genere riguardano il periodo romano, caratterizzato da strade e città vallive.
Difficilmente si è fatta attenzione alle alture del nostro Appennino abitate dalle antiche civiltà preromane ed è per questo motivo che come Comitato Scientifico CAI Marche – Umbria si è iniziata una ricerca partendo da alcuni luoghi più noti con un giro sui Monti Martani, gruppo montuoso dell’Appennino umbro-marchigiano che ha un andamento sud-nord da Terni fino all’area di Montefalco e Foligno.
Come si raggiunge?
Dal Piceno l’area si raggiunge in un paio d’ore tramite la strada statale delle “tre valli umbre” con le due gallerie di Forca Canapine e Forca di Cerro costruite negli anni ’90 ed in questo momento a chiusura notturna per i lavori post sisma, la terza da Spoleto ad Acquasparta ancora agli inizi di realizzazione. Meta dell’escursione è il Monte Torre Maggiore (1120 m), altura che domina da nord la conca di Terni.
Un po’ di storia
Sulla parte sommitale si trova un santuario italico risalente al VI secolo a.C. con vita proseguita anche dopo la conquista romana avvenuta agli inizi del secolo III a.C. Attorno al 220 a. C. il console Gaio Flaminio Nepote fece realizzare nella valle la via che prese il suo nome e si sviluppò la città di Carsulae, monumentalizzata sotto Augusto e poi abbandonata nel V secolo d.C.
Si parte
I suoi resti sono ben evidenti e costituiscono il punto di partenza della nostra escursione di 11 km e 650 m di dislivello; dal Centro visite (464 m) si prende il sentiero tabellato che sale all’Eremita di Cesi. Si tratta di un antico percorso che da Spoleto raggiungeva direttamente Roma, via seguita anche da San Francesco che nel 1213 vi fondò il convento, cresciuto di fama e poi di dimensioni, grazie anche all’impegno di San Bernardino da Siena; oggi è abitato dal giovane fra Gabriele che ci ha accolto e fatto visitare il luogo.
La salita è proseguita nella secolare lecceta fino ad uscire sui prati in corrispondenza di Poggio Chicchirichì (simpatico nome!), breve tratto di brecciata fino al monumento dedicato al partigiano ternano Germinal Cimarelli, operaio delle acciaierie e medaglia d’oro al valor militare, qui caduto il 20 gennaio 1944, infine salita al Monte Torre Maggiore. I resti del Santuario sono costituiti da due templi e dagli edifici per l’accoglienza dei pellegrini ed è emozionante entrare dall’ingresso originario e passare vicino alla fossa votiva scavata nella roccia che ha restituito con gli scavi numerosi bronzetti votivi, oggi esposti al Museo Archeologico di Terni.
Un panorama da non perdere
Uno sguardo a 360 gradi fa subito comprendere l’importanza del sito: a sud è l’ampia distesa di Terni nella conca attraversata dal Nera, fiume che dette il nome alla popolazione degli umbri Nahartes, insediatasi lungo il suo corso; sempre a sud, dirimpetto, il Monte San Pancrazio, sede di un altro Santuario Italico. Invece, la vista nord è su tutta la catena dei Martani: le antiche vie sulla dorsale non sono altro che i percorsi della transumanza appenninica che collegavano le varie alture, dove si trovavano i villaggi, denominati castellieri; si riconoscono in sequenza monte Comune, monte Maggiore, monte Cerchio e più in fondo, segnato dalle antenne, monte Martano. In genere, i castellieri hanno una forma rotonda, delineata da una valle e da una scarpata artificiale, una volta protetta da materiale lapideo, all’interno le capanne del villaggio.
Per il rientro, si passa per S. Erasmo (790 m), altro luogo straordinario dove si trovano in sequenza una chiesa medievale, di nuovo un santuario italico ed una torre medievale. Infine ripida e sconnessa discesa al borgo di Cesi e rientro a Carsule con un’auto preventivamente posizionata. Dei castellieri ne continueremo a parlare.
di Franco Laganà