Vincenzo Schettini, il professore più amato dal web, autore del libro e dei canali social intitolati “La fisica che ci piace”, è intervenuto martedì 30 maggio al festival di Folignano “LibrArte”. A margine della lezione di fisica tenuta di fronte a centinaia di ragazzi e studenti, ha concesso un’intervista – andata in onda nell’ambito del Realtà Locali del 31 maggio – alla giornalista di radio Ascoli Veruska Cestarelli.
Sei da tutti considerato professore del web, conti milioni di follower sui diversi social, sei nella top ten di vendite con il tuo libro: sono numeri che parlano di una grande successo, ne senti la responsabilità?
Sicuramente il fatto di essere riconosciuto come il top dei professori sul web mi riempie di gioia perché ho sempre sognato di fare benissimo questo mestiere e farlo evolvere. Tutto questo sta avvenendo e io, in parte, non ci credo ancora. Sento questa responsabilità ed è giusto, perché quello dell’educatore è un mestiere delicato. Sono contento di tutto questo successo e me lo prendo con grande cautela, perché voglio continuare a fare il professore.
Nel tuo libro “La fisica che ci piace” hai scritto che questa materia è ovunque, che significa questo?
La fisica descrive tutto quello che ci circonda perché tutto ciò che ci circonda è in trasformazione, cioè la natura, il cosmo, noi stessi non siamo esseri statici, ma dinamici, cambiamo, invecchiamo. Questa trasformazione è descritta unicamente da una materia affascinante, la fisica, e rendere queste trasformazioni visibili a tutti è veramente bello, perché tutti possono capire come interpretare il mondo secondo le leggi della natura, come avevano fatto i grandi pensatori del passato. Non è così difficile, si può fare.
Con i video hai dimostrato che in maniera semplice si possono spiegare anche concetti complessi, però una delle tue caratteristiche importanti è l’empatia che dimostri di avere con i tuoi alunni. Quanto è importante l’empatia ai fini dell’apprendimento?
Io credo sia fondamentale, non si può prescindere dall’empatia. Questo vale non solo a scuola, ma anche in rete anche, cioè il fatto di essere seguito da molte persone – non solo studenti – dimostra il fatto che approcciare una materia con il giusto sorriso dà a tutti la fiducia in se stessi nel capire un determinato fenomeno o argomento; il sentirsi a proprio agio ti mette nelle condizioni di imparare.
Dal web ti sono arrivate anche molto critiche, a volte insulti, purtroppo anche dal corpo docente. Come hai reagito a questo e come ti senti di rispondere a questi attacchi, visto che spesso anche i ragazzi stessi li subiscono. Che messaggio possiamo lanciare?
Che il web è diventato un mezzo ultrademocratico, ti permette di entrare in contatto con gli altri, ma questo non giustifica il fatto di attaccare gli altri. Noi dobbiamo essere capaci di avere uno spirito critico; io posso essere dubbioso nei confronti di qualcosa o di qualcuno ed esprimere i miei dubbi con serenità ed educazione. Quando questa educazione viene meno in generale è brutto, quando viene meno da parte di un docente ti fa riflettere, perché ti fa venire il dubbio che quella persona stia facendo il mestiere giusto. Ieri su Orizzonte Scuola leggevo un articolo che prendeva spunto da un video che avevo fatto sull’ansia collegata ai voti, nel quale dicevo di non mortificare per il 4 e non esaltare per 10, cioè di spiegare il voto. Penso sia un concetto carino da dire, di buon senso, invece è stato inondato da una valanga di critiche su questo, ma perché? Oltre a dire che dico cose banali e ovvie, ma cosa dovrei dire, l’opposto dell’ovvio? Quella volta ho reagito mettendo in risalto quei commenti, ma soprattutto per dimostrare che è brutto utilizzare il web in modo scorretto.
A proposito di violenza, il tema dell’aggressione nei confronti dei professori è purtroppo molto attuale; gli insegnanti sono nel mirino. Cosa sta succedendo? Quali sono eventualmente le soluzioni?
Il caso dell’altro ieri è un caso isolato. Io faccio il mio in bocca al lupo alla collega che ha tutta la mia solidarietà e ribadisco che il gesto fatto da quel ragazzo non è assolutamente giustificabile, come non lo sarebbe un qualsiasi altro gesto di violenza. Però, questo non rappresenta gli studenti né questa generazione, sicuramente più fragile e disorientata della nostra. Quello che sicuramente c’è da fare è dialogare con loro. Il problema è che siamo tutte generazioni scollegate tra di noi, perché troppo presi tutti quanti – anche noi adulti – dal cellulare.
Sei fresco del premio Elsa Morante. Tra le lacrime ha ringraziato i tuoi genitori: quanto ti hanno spinto ad essere quello che sei?
Non mi hanno spinto, nel senso che mi hanno lasciato fare. Non mi hanno mai eccessivamente esaltato – non lo fanno tutt’ora – né mi hanno mortificato quando non stavo vivendo un periodo positivo. Invece, spesso vedo nei genitori un’eccessiva voglia di esaltare i propri figli, cosa sbagliata, perché li fai sentire subito arrivati.
Esami di maturità alle porte, esami di terza media per i più piccoli, esami universitari: che messaggio dare perché tutto possa essere affrontato senza ansia e angoscia?
Innanzitutto dire che si può convivere sull’ansia, normale quando affrontiamo un esame. Poi, è importante concentrarsi passo dopo passo sui propri punti deboli. Faccio l’esempio su di me: sapevo che avrei affrontato bene l’orale perché – non so se si vede – mi piace a chiacchierà (come diceva Sabrina Ferilli) mentre ero molto meno performante negli scritti. Quindi, durante la preparazione agli esami mi sono guardato qualche traccia in più dei compiti. Eppure, pur avendo fatto questo, non ho fatto uno scritto di matematica esaltante, sono andato invece molto bene nel tema. Ecco, il terzo segreto è pensare che l’esame andrà bene non perché necessariamente non ci saranno intoppi, ma perché magari una parte andrà meglio dell’altra e quella ti premierà.
Ultima battuta: come si diventa Vincenzo Schettini?
Ma figurati! Io sono convinto che c’è tanto da fare. Io sto parlando di me, sono una persona totalmente in progress, ho tanto da migliorare ancora, però le cose che mi hanno contraddistinto in questi cinque anni sono state la determinazione, cioè pensare non dove voglio arrivare ma di fare bene quello che stavo facendo, la creatività, quindi essere originale nel mio mestiere, e la preparazione, perché anche dietro al mestiere del content creator c’è una preparazione che non potete immaginare: io sono continuamente alla ricerca di nuove idee e nuovi spunti, è una macchina che non si vede da fuori ma che è fondamentale. È un continuo lavorare, non è facile ma questo significa puntare su stessi. È questo che auguro a tutti quelli che vogliono essere determinati, preparati e creativi.