Si è da poco concluso il periodo di job shadowing, una opportunità fornita dal progetto Erasmus Plus per la formazione all’estero di docenti, insegnanti, formatori. Questo percorso si inserisce nel progetto “Let’s take care of emotions” che è giunto alla sua seconda annualità. Iniziato con la dirigente Giorgi, è ora seguito e portato a termine dalla professoressa Alessandra Goffi, dirigente dell’Istituto comprensivo di Borgo Solestà.
Le insegnanti Antonella Salvo, Simona Peroni e Serena Gregorini, hanno completato la loro settimana nella scuola St Margaret College Zabbar Primary School B, guidata dal preside Charlot Cassar.
La Vita Picena lo ha intervistato in merito all’importanza e al senso di tali scambi.
Qual è la sua opinione in merito agli scambi Erasmus e il valore che questi hanno nel processo di inclusione e formazione a livello scolastico e sociale in Europa?
C’è di sicuro del merito in questi scambi. Molte volte troviamo lo sviluppo di competenze che si ampliano in un corso seguito o anche guardando un altro insegnante. Si possono comprendere modalità didattiche e professionali durante l’osservazione di un esperto che possono essere utili per chi osserva.
Potrebbe esserci una sorta di specchio, quindi, nell’osservazione del lavoro di un altro? Un alto valore professionale.
Sì, ma bisogna anche focalizzarsi sul fatto che lo scambio di per sé è un qualcosa di valore. Inoltre, dà molto valore alla persona, all’insegnante, nel nostro caso, che intraprende uno scambio e che si confronta con qualcosa di diverso da sé. Perché se è vero che siamo tutti europei, se è vero che viviamo un po’ tutti allo stesso modo, in realtà facciamo le cose in modo diverso, magari affrontiamo le stesse situazioni in un modo diverso. Quindi in Italia, a Malta, in Francia, ecc… osservando, si vedono cose che magari non si erano prese in considerazione prima: ci si rende conto, riflettendo, che si sta avendo un confronto con una cultura differente. Per noi di Malta, poi, che abbiamo un contesto ridotto, circondati dal mare, che a volte dà un la falsa impressione che ci protegge da quello che succede altrove, questi scambi danno un valore aggiunto.
Non si tratta solo di valore professionale ma anche di crescita umana.
Nell’incontrare l’altro, ci si apre al confronto con altri diversi da noi, con un qualcosa o qualcuno di diverso. Anche inconsapevolmente può succedere che sorgano delle domande su chi siamo noi e che si rifletta che nell’incontro, in un contesto insolito, siamo noi che diventiamo l’altro. Quando viene qualcuno nelle nostre scuole lo accogliamo come l’“altro” e lo guardiamo come l’“altro”. Nella situazione di scambio dove noi andiamo fuori, ci accorgiamo che lì noi siamo l’altro, quindi ci fa riflettere sulla situazione a ruoli invertiti. A livello professionale poi ci sono i valori che si traggono dall’esperienza in cui uno si confronta, discute, riflette e scambia opinioni e conoscenze. Questo scambio su ciò che che si sta vivendo nelle scuola in Europa e questo sviluppo di competenze durante il periodo dello scambio e dopo, quando si ritorna dallo scambio, serve per riflettere a distanza su ciò che si è vissuto e sugli aspetti propri del lavoro del docente.
La vostra scuola, preside Cassar, è molto attiva nell’accoglienza di insegnanti e nello scambio professionale, conoscete da tempo il job shadowing e avete attivi molti partenariati con diverse scuole europee, oltre la nostra, ad Ascoli. Cosa aggiunge questo tipo di attività alla formazione dei docenti?
Sicuramente gli insegnanti che hanno effettuato questi scambi valorizzano di piu’ la propria professionalità. Infatti lavorando sempre nello stesso ambito, nella stessa scuola, magari una non si sente al’altezza di confrontarsi. Potrebbe sembrare che quello che stiamo facendo non sia abbastanza, che non sia all’avanguardia, svolto in modo antico. Succede però che poi facendo esperienza di una scuola diversa si arricchisce questa idea che quello che facciamo vale, che magari usiamo dei metodi non uguali ma che alla fine stiamo facendo anche noi un ottimo lavoro. Si valorizza così la professione docente e si raggiunge in tal modo anche un obiettivo esplicito dei progetti europei.
Poi sicuramente c’è lo scambio di idee, di pedagogia, di metodologia e tornando nel proprio contesto si prova a cambiare delle prassi… “però ho visto che nell’altra scuola, che l’altro insegnante, ha fatto così…”. Può accadere che si rifletta sulle idee prese e poi si sintetizzi il tutto nel miglioramento di ciò che quotidianamente si fa in classe.
Non ultimo, questo progetto Europeo permette di dare valore anche agli alunni.
I docenti come lifelong learneners formano, insieme, una classe più grande, in cui sanno di non essere soli.
Sì, perché un’altra cosa importante è che quando si fanno questi corsi ci si accorge che molto spesso ci si trova a confrontarsi con le stesse dinamiche, gli stessi problemi. Genitori che ne sanno una più di ogni docente, il ministero o il dipartimento che decide senza ben sapere quale sia la realtà effettiva all’interno delle aule ecc.. E ci si ritrova a condividere che alla fine sono sempre gli insegnanti che trovano il modo di andare avanti, che trovano soluzioni vere. Questo dà anche un conforto ai singoli, che ragionano sul fatto che forse la nostra situazione non è poi così grave… e che forse dovremmo darci una bella pacca sulla spalla ed esser sodisfatti di tutto cio che riusciamo a fare, nonostante tutto!
Grazie, Preside, le auguriamo un buon lavoro per la sua scuola e per la scuola europea.
di Serena Gregorini