“La felicità del lupo” il nuovo libro di Paolo Cognetti. L’autore pone subito una domanda: “La nostra felicità qual è”? Il libro conferma ancora una volta il successo del filone della letteratura di montagna ormai intrapreso dallo scrittore. La decisione, da parte di quest’ultimo, nell’ambientare i suoi romanzi in spazi ad alta quota, sta nel fatto che la montagna è un luogo universale. Questo vuol dire che ciò che viene narrato in montagna è specchio di quello che può accadere ovunque.
Cercare la felicità nella Montagna
Ripercorrendo il solco di Mario Rigoni Stern e il minimalismo americano di Raymond Carver, Paolo Cognetti racconta la montagna come luogo di crescita e di maturità. Per questo la montagna continua a essere metafora dell’anelito dell’uomo verso la felicità. Di una felicità cui si perviene arrivando sempre in cima con una nuova «letteratura ad alta quota». La montagna, in questo romanzo, fa da crocevia di destini solitari. I personaggi fuggono da qualcosa, ma allo stesso tempo sono alla ricerca di un posto dove essere felici e realizzarsi. Cercano difatti un luogo da chiamare casa.
Questa ricerca, però, li riempirà a poco a poco di irrequietudine, perché non sempre l’idea di casa e di felicità si trovano nell’ altrove, anzi. Spesso il luogo in cui trovarle è dentro se stessi. La montagna infatti assume una connotazione diversa dovuta alla crescita personale di chi la vive. La si può inizialmente concepire come simbolo di libertà, ma ben presto può diventare solo un mero luogo fisico impregnato della nostalgia di ricordi che non possono tornare più. D’altronde, come diceva Pietro, il protagonista di “Le otto montagne”, ricordando il padre: «in certe vite esistono montagne a cui non è possibile tornare».
Diverse tipi di felicità
Montagna: «la pensi in un modo quando ci vivi, e in un altro quando ne stai lontano». È un luogo che assume un certo significato a seconda di come lo si vive, ma anche dell’esperienza umana che ti porta a confrontarti con essa. L’ altrove della montagna, dunque, non è il luogo in cui si può trovare la felicità, perché quest’ultima assume valore in base alle nostre scelte. Un tipo di felicità, per esempio, è quella degli alberi.
È la felicità che contraddistingue Fausto e Santorso, che cercano di essere felici con quello che hanno e nel posto in cui sono approdati. Questo tipo di felicità, però, è molto diversa da quella di Silvia e Babette, per le quali la montagna è solo una fase, una tappa del percorso. Anche qui ritorna, dunque, il momento in cui Cognetti ricorda le parole di Peter Mathiessen e del suo “Il leopardo delle nevi”. «poiché perderai qualsiasi cosa tu abbia creduto di guadagnare, impara che ben più prezioso della vetta è il sentiero. Trova un senso in ogni passo».
La differenza tra alberi e animali
Possiamo dire che la felicità, perciò, non sta nella montagna:sta nel significato che noi diamo ai luoghi che viviamo. La felicità è nel percorso di vita che scegliamo di fare. La felicità del lupo è così l’incontro di polimorfi bisognosi. “Da qualche parte Fausto aveva letto che gli alberi, a differenza degli animali, non possono cercare felicità spostandosi altrove. Un albero viveva dov’era caduto il suo seme, e per essere felice doveva arrangiarsi lì. I suoi problemi li risolveva sul posto, se ne era capace, e se non me era capace moriva. La felicità degli erbivori invece inseguiva l’erba, a Fontana Fredda era una verità lampante.
Il marzo in fondovalle, il maggio nei pascoli dei mille metri, l’agosto negli alpeggi intorno ai duemila, e poi di nuovo giù per la felicità più piccola dell’autunno, la seconda modesta fioritura. Il lupo obbediva a un istinto meno comprensibile”. A questo punto il lettore chiuderà il libro domandandosi quale forma ha bisogno di assumere in quel momento, se albero, erbivoro o lupo.
La felicità del lupo Autore:Paolo Cognetti.
Pubblicato da Einaudi- Ottobre 2021
Pagine:152 -Genere:Narrativa Italiana
di Anna Maria Laurano