Oggi si è  forse più abituate a lottare per il riconoscimento del  diritto a non diventare madri, Sophie Mackintosh in “Biglietto blu” ci racconta una distopia dal grandissimo potenziale narrativo, assegnando  alla sua protagonista un imperativo diametralmente opposto.

Il libro romanzo inizia con la cerimonia a cui partecipano la giovane Calla e altre ragazzine. In base alle loro inclinazioni, al loro carattere, pescheranno un biglietto che segnerà il loro destino: biglietto bianco, matrimonio e figli. Chi pescherà un biglietto blu non potrà sposarsi né riprodursi. Inizialmente Calla sembra accettare il suo destino… “non ero particolarmente affezionata al concetto di libero arbitrio”. Ma ci si chiede: ”ogni donna obbedisce e si allinea al ruolo che le toccato in sorte?”. Dipende. Questo romanzo esiste perché esiste una ribelle e dalla sua ribellione il libro ha una brusca virata diventando  un romanzo “on the road”, tutto strade, motels e fughe.

Inizialmente la protagonista cerca di tenere a bada un grumo inammissibile di desiderio, “io ero come una bambina piccola, tutta sensazione, niente disciplina. un motore rotto che ronzava di bisogno” ma non poteva “esprimere a voce la mia esigenza, non potevo metterla al mondo per poi vederla aggredita e demolita come se fosse stata il tema di un dibattito. Non era una cosa astratta, era una parte delicata di me, una parte priva di parole e non conoscevo la lingua che mi avrebbe permesso di parlarne”. Poi finisce però per accettare questo “sentimento oscuro” e passare consapevolmente all’azione.

La gravidanza clandestina di Calla sfonda i confini del lecito per abbattere una barriera che intrappola sia le biglietto-blu che le biglietto-bianco: non ci sarà libero arbitrio per nessuna, finché un sistema senza volto continuerà a stabilire il destino biologico delle sue pedine. Lo status riproduttivo dell’una o dell’altra categoria è solo il tassello iniziale di un’estensione capillare del controllo: nel mondo di Calla viene accettato come fatto inconfutabile che lavoro e cura della famiglia non possano coesistere, che una vivace attività sessuale non possa accompagnarsi alla gestione del focolare domestico, che l’ambizione all’indipendenza economica non possa riguardare anche le madri. Da ambo le parti, le donne vengono catechizzate sistematicamente e strumentalmente.

Molti sono  i temi che il romanzo affronta, e le aporie a cui ci mette di fronte:

  • libertà/determinismo
  • ragione/istinto
  • sofferenza/noia
  • proibizione/desiderio
  • solidarietà/sopravvivenza
  • realtà/fantasia

e rifugge ogni approccio impositivo all’identità, anzi  rivendica un territorio dove le donne possano sentirsi  alleate, dove possano evolvere e riconoscersi. E’ un romanzo che parla di corpo, di strutture di controllo e di indipendenza, che non deriva semplicemente dal poter esercitare un individualismo “produttivo”, ma dalla possibilità di costruire uno spazio di scelta che non dipenda da legittimazioni esterne o dall’imposizione di un modello. Ė un libro che demolisce anche l’illusione confortante di una deresponsabilizzazione sistematica

Ma qual è la ragion d’essere dell’esistenza  se non  tentare  di far combaciare la realtà esterna con quella interiore? Cosa  resta alle donne  se non vengono neppure ritenute in grado di sapere chi sono o di scoprire, col tempo, che cosa desiderano davvero? …Un biglietto colorato, forse.

Autore: Sophie Mackintosh

Editore: Einaudi 

Anno edizione: 2021

Pagine: 207

di Anna Maria Laurano