dei dott. Franco Ragneni e Gianni Ferretti
Dati recenti mettono in evidenza che in Europa 8,5 milioni di accessi in Pronto Soccorso sono dovuti a reazioni avverse da farmaci e la maggior parte riguarda i pazienti dai sessantacinque anni in su che prendono cinque o più farmaci. Un approccio di revisione delle scelte terapeutiche permette di ridurre gli accessi al pronto soccorso del 50% di pazienti in politerapia. Non solo, il modello dell’approccio inter e muldisciplinare nella gestione della politerapia e dell’appropriatezza prescrittiva nel paziente anziano con polipatologia è quello che ha dato i migliori risultati in termini di qualità di vita, portando a una semplificazione delle terapie e, di conseguenza, a una loro migliore aderenza e a una significativa riduzione degli effetti collaterali.
Il paziente anziano in politerapia
La gestione del paziente anziano in politerapia è una situazione clinica e sociale sempre più frequente, a causa dell’invecchiamento della popolazione. La probabilità di riospedalizzazione nei 3 mesi successivi dopo un episodio acuto è molto elevata, e l’attenzione all’appropriatezza prescrittiva e all’aderenza alla terapia deve essere affrontata in ogni setting di cura e con continuità, attraverso una valutazione sistematica della appropriatezza delle scelte terapeutiche e dei problemi farmacocorrelati al fine, ove possibile, di razionalizzare e semplificare la terapia.
Gli effetti avversi dei farmaci e le interazioni
Gli effetti avversi ai farmaci possono insorgere in qualsiasi paziente; certo è che alcune caratteristiche proprie dell’anziano ne rendono un soggetto ad alto rischio. L’elevato numero di farmaci (politerapie) e le alterazioni della farmacocinetica e farmacodinamica dei farmaci predispongono allo sviluppo di effetti avversi. Tuttavia, è noto che almeno il 90% degli effetti avversi da farmaci che avvengono nella popolazione anziana sono prevedibili e, quindi, potenzialmente prevenibili. Le classi farmacologiche più comunemente coinvolte sono: gli antipsicotici, gli antiaggreganti o anticoagulanti, gli ipoglicemizzanti, gli antiipertensivi, gli anti-infiammatori e le benzodiazepine. In generale, l’anziano assumendo numerosi farmaci è più vulnerabile alle interazioni possibili tra farmaci. Cinque è il numero di farmaci indicato oltre il quale le interazioni tra farmaci, anche non prevedibili, aumentano esponenzialmente. Un aspetto ulteriormente allarmante è la possibile interazione con alcuni farmaci assunti “al bisogno” (come gli anti-infiammatori o le benzodiazepine).
I rischi e come prevenirli
È ben noto, infatti, come il rischio di insufficienza renale sia aumentato in coloro che assumono farmaci anti-infiammatori (specialmente se in cura con altri farmaci, quali i diuretici e gli Ace-inibitori) o come il rischio di cadute sia maggiore nei pazienti che assumono ansiolitici (per un rallentamento dei riflessi e alterazioni dell’equilibrio).
Inoltre le alterazioni legate al metabolismo dei farmaci con conseguente accumulo degli stessi vengono determinate da una ridotta funzionalità di alcuni enzimi epatici (es. citocromo P-450), causando un aumento della tossicità farmacologica o una riduzione dell’effetto terapeutico. Pertanto anche questi aspetti biochimici devono essere conosciuti e considerati.
Da quanto sopra espresso si evince che la riconciliazione terapeutica ottimale per il paziente anziano non ospedalizzato viene raggiunta dalla collaborazione sul territorio delle figure professionali preposte come il MMG, i Consulenti specialisti, il personale infermieristico territoriale ed il farmacista.