L’ombra del giorno
Una storia che ha il sapore del grande cinema e una messa in scena quasi teatrale che ci consegna un film perfetto nel suo insieme.
L’ombra del giorno è un film diretto da Giuseppe Piccioni ambientato ad Ascoli Piceno (“in Ascoli” come dice il personaggio interpretato da Riccardo Scamarcio rispettando alla lettera il tipico linguaggio ascolano) una piccola città di provincia sul finire degli anni Trenta. Luciano (Scamarcio), simpatizzante del fascismo come la stragrande maggioranza degli italiani, è il proprietario di un ristorante che vive in una sorta di isolamento dal mondo esterno. Ma dalla vetrina che dà sull’antica piazza del Popolo, dalla quale vede e sente un mondo che sta inesorabilmente cambiando, compare una ragazza (Porcaroli) apparentemente indifesa che porta con sé un segreto. Per Luciano questo incontro segnerà per sempre la sua vita portandolo ad affrontare la sfida più grande di tutte: l’amore.
Un film intimo e intenso
Il sodalizio artistico tra Piccioni e Scamarcio non poteva che trovare il suo culmine se non in questo film: intimo, provinciale, intenso e con molteplici interpretazioni (spesso un difetto dei film ma che in questo svolgono un ruolo di rilievo portando lo spettatore ad impegnarsi in riflessioni di cuore e di testa).
Una sceneggiatura ben scritta e una messa in scena esigente regalano allo spettatore qualcosa che può definirsi in una parola sola: cinema. La ricostruzione fedele di quegli anni, il trascorrere del tempo e degli avvenimenti che sembrano lontani ma che scandiscono inesorabilmente il tempo e i cambiamenti ai quali non possiamo opporci segnano le vite dei nostri protagonisti.
Un mondo diviso in due
Come ne “il grande Blek”, dove gli stravolgimenti della società venivano scanditi dai notiziari in tv, qui sono la radio e i giornali a farla da padrone ricordando allo spettatore, con estrema esattezza, quali giorni stiamo vivendo. Ma il mondo di questo film è diviso in due: il ristorante e tutto e il resto. Non è un caso che la radio sembra non funzionare all’interno del ristorante di Luciano, quasi fosse un’isola felice ben lontana da un mondo ormai alla deriva, e i giornali appaiono fugacemente, quai nemmeno letti dal protagonista che tenta in tutti i modi di ignorare ciò che è ormai evidente a tutti. La difficoltà di accettare l’errore, del comprendere di aver sbagliato solo quando si è coinvolti personalmente, questo è ciò cui va incontro il protagonista di questo film.
Il protagonista
Uno Scamarcio perfetto, lontano dal prototipo “bello e dannato” conosciuto da tutti. Zoppo, riflessivo e sostanzialmente ingenuo, Luciano eregge un muro che solo l’amore per Anna (una Porcaroli, fragile e allo stesso tempo decisa in un ruolo fatto su misura per lei) potrà scalfire. Non c’è azione, ma coraggio. Il coraggio, in quegli anni, di prendere posizione contro leggi moralmente ingiuste. Una sorta di integrità morale che nell’epoca fascista era una libertà che non ci si poteva permettere senza perdere tutto.
Il cast
Una menzione particolare meritano i personaggi secondari, tutti perfettamente in parte, e soprattutto il dialetto ascolano. Piccioni decide di sdoganare la sua “lingua” d’origine, regalandole alcune delle battute migliori (necessarie per stemperare una tensione costante). Forse un omaggio al cinema neorealista, in totale contrapposizione con quello abulico e senza cuore del ventennio.
In definitiva “L’ombra del giorno” è un film da vedere, assolutamente. Una favola, accompagnata dalle note coinvolgenti di Michele Braga, su un’epoca che oggi appare lontana, quasi stupida se non fosse tragicamente vera e crudele. E non è un caso che il regista abbai voluto evidenziare la provincialità della situazione, dove gli eventi avvengono dopo rispetto alle grandi città ma lentamente, purtroppo, raggiungono tutti.
di Ugo Quartaroli