Nell’ambito del numero speciale de La Vita Picena realizzato dagli uffici di comunicazione sociale delle diocesi di Ascoli e di San Benedetto del Tronto Ripatransone Montalto, per la vicaria del Marino è stato intervistato il vicario foraneo don Francesco Fulvi. Riproponiamo qui l’articolo di Veruska Cestarelli.
Quali sono i punti di forza e quali le difficoltà riscontrate sul territorio della sua vicaria?
Il territorio della Vicaria del Marino è molto ampio e diversificato. Si tratta di una comunità che nella parte più montana è legata ad una vita più rurale ma molto solida nelle tradizioni culturali e nella fede. In particolare io opero insieme a Don Giammarco Lupini nella parrocchie del Marino del Tronto e di Villa Pigna che sono caratterizzate da molte famiglie giovani. Secondo i dati regionali infatti questa porzione di territorio è densamente popolata da giovani e la nostra attività è dunque molto concentrata su di loro, anche se non dimentichiamo di prenderci cura degli anziani ma diciamo che i ragazzi restano al centro della nostra azione pastorale.
Com’è la partecipazione dei fedeli, in particolare dei giovani, alla vita della chiesa nelle varie parrocchie?
Non è sempre facile intercettare i giovani, anche se noi cerchiamo di lavorare per una pastorale inclusiva mettendoci in ascolto per incontrare e discernere come ci dice Papa Francesco. E’ inutile infatti parlare ai giovani se poi non riusciamo ad incontrarli davvero. Sarebbe un grande errore metodologico perché parleremmo di loro senza occuparcene realmente. Grazie ai movimenti ecclesiali e alle numerose associazioni che sono sul nostro territorio, molti ragazzi non escono del tutto dalla parrocchia. Ma in molti casi se non fanno parte appunto di gruppi o realtà locali di solito dopo la Cresima non si vedono più. Questo perché viene a mancare quel legame con la parrocchia che invece resta se appunto fanno parte di associazioni. Nostro compito è andare a recuperare quei ragazzi e fare anche in modo che i giovani non taglino del tutto i legami con noi.
Che tipo di collaborazione c’è con le istituzioni locali? Quali i cambiamenti auspicabili per il futuro?
I dati sulla povertà sono più che allarmanti e appena sono stato nominato parroco una delle prime cose che ho voluto realizzare è stata proprio l’apertura di un centro Caritas parrocchiale che ho voluto fortemente per andare ad un individuare sul territorio tutte le criticità. Ci siamo consultati con il direttore Caritas diocesana Giorgio Rocchi che ci ha aiutato molto a capire come impostare il lavoro anche per operare in sinergia. Il nostro centro è a disposizione di tutti coloro che sono in difficoltà economica, sociale o che semplicemente chiedono un supporto per piccoli problemi quotidiani che non riescono ad affrontare. Per fortuna abbiamo il PAS che nel nostro territorio rappresenta una vera eccellenza nell’aiuto agli ultimi e quindi collaboriamo attivamente con loro per fare in modo che ci sia una condivisione delle soluzioni più adatte per ogni persona che si rivolge a noi. Presso la parrocchia del Marino abbiamo destinato un piano della casa canonica agli extra comunitari con cui siamo in contatto ogni giorno per capire quali siano le loro necessità e supportarli. La collaborazione con le istituzioni locali è fondamentale perché permette di lavorare insieme e dare un supporto reale per affrontare tutte le situazioni di difficoltà.
Qual è l’atteggiamento giusto che i fedeli devono avere in questo momento di passaggio e di unificazione delle due diocesi di Ascoli e San Benedetto del Tronto?
Questa unificazione voluta dal Santo Padre rientra nel progetto che sta portando avanti la Santa Sede e mi sento di dire che dobbiamo lasciare da parte inutili campanilismi e abbattere steccati che possono esserci tra territori diversi in favore di un atteggiamento di unione e condivisione. Il nostro Vescovo ha davanti a sé un incarico complesso, ma sono certo che lo porterà avanti bene anche grazie alla collaborazione che riceverà da tutti i fedeli delle altre parrocchie, perché solo camminando insieme si potrà costruire una comunità diocesana ancora più solida.
di Veruska Cestarelli