“Ecco come è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme”. Il salmo 133 è un vero e proprio inno alla bellezza della comunione. Il primo versetto, sopra citato, sembra essere la sintesi e raffigurazione dello spirito che ha animato l’esperienza di fraternità che alcuni preti giovani di Ascoli Piceno con il Vescovo Gianpiero hanno vissuto tra il 19 e il 22 aprile. Un tempo di grazia e commozione, di condivisione, di ascolto e confronto con testimonianze cariche di vita. Un percorso iniziato a Firenze e concluso a Bologna. Un itinerario attraverso l’arco appenninico sulla traccia di alcune esperienze che hanno segnato e continuano a illuminare la nostra vita ecclesiale.
La prima Tappa: Firenze
A Firenze abbiamo avuto l’occasione di poter conoscere Gianni Bernardo Abate della comunità dei monaci olivetani di San Miniato al Monte. Attraverso il racconto appassionato della storia dell’Abbazia ci ha permesso di apprezzarne la bellezza, ma soprattutto la finalità. Essa infatti si affaccia sulla città di Firenze come un varco, una porta aperta fra cielo e terra, un messaggio potente all’uomo di ogni tempo. È alzando lo sguardo verso San Miniato al Monte che il “fiorentino” poteva fare memoria della sua meta, del suo destino, della sua vocazione. Si tratta di una vera e propria intuizione spirituale che ricorda alla “civitas” terrena di affidare a Dio ogni vicenda della città. Se a valle lungo l’Arno fluisce tormentato lo scorrere dei giorni, sul monte riecheggia il canto eterno di lode a Dio che tutto governa e che sostiene ogni speranza. Un Dio che ama, visita e continua ancora oggi ad avere a cuore la vita dei suoi figli.
La scuola Barbiana di Don Milani
Dopo aver celebrato con i monaci ci siamo spostati a Firenze per una passeggiata serale immersi tra le bellezze del centro. L’indomani ci siamo diretti verso sant’Andrea di Barbiana, località sperduta sulle pendici del Monte Giovi, celebre soprattutto per la scuola di Barbiana. Questa è un’esperienza educativa sperimentale avviata e animata dal priore don Lorenzo Milani tra il 1954 e il 1967. Quella di don Lorenzo Milani è certamente una storia carica di sofferenza, ma anche ricca di fede e di grazia. Un uomo, un prete, abitato dallo Spirito Santo, carismatico, coraggioso, appassionato dei suoi ragazzi, sempre fedele alla Chiesa, ma soprattutto innamorato di Dio.
Proprio per questo capace anche di scelte scomode animate da uno sguardo profetico. Ascoltare la testimonianza riconoscente e grata di Palmiro, uno dei volontari della Fondazione che si occupa di custodire il suo ricordo, è stato davvero commovente. La sua scuola immersa nella natura, la chiesa semplice, la canonica poverissima conservano ancora intatta l’atmosfera di quel periodo. Ciò che più emerge oggi è la potenza dell’azione educativa guidata dal motto “I care – mi interessa, mi sta a cuore”, come metodo per restituire dignità ai più poveri, agli ultimi, ai piccoli.
I resoconti di Don Lorenzo Milani nella provincia di Firenze
Celebri alcuni testi di don Lorenzo: “Esperienze pastorali” oggetto di un decreto del Sant’Uffizio nel 1958 – “L’obbedienza non è più una virtù.” – “Lettera a una professoressa.” scritto insieme ai suoi ragazzi a cui ha lasciato una confessione come testamento: “Ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto a suo conto”. Queste le parole di Papa Francesco pronunciate durante la sua recente visita a Barbiana. “La sua inquietudine non era frutto di ribellione ma di amore e di tenerezza per i suoi ragazzi, per quello che era il suo gregge, per il quale soffriva e combatteva, per donargli la dignità che talvolta veniva negata.
La sua era un’inquietudine spirituale alimentata dall’amore per Cristo, per il Vangelo, per la Chiesa, per la società e per la scuola che sognava sempre più come un “ospedale da campo” per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati e gli scartati”. Un amore totale per quanti il Signore gli aveva affidato, un amore espresso con gesti concretissimi, non ultimo l’aver acquistato, pochi giorni dopo la sua nomina a priore di Barbiana, il terreno per la sua sepoltura. Ancora oggi chi visita quei luoghi non può non commuoversi di fronte alla sua povera e umile tomba.
Testimonianze da Marzabotto
Povera e umile è anche la tomba del sacerdote don Giuseppe Dossetti nel cimitero di Casaglia di Marzabotto.Un cimitero rimasto tristemente noto per l’eccidio del 29 settembre 1944 ad opera delle SS. Quello di Casaglia è solo uno dei numerosi atti criminali compiuti dalle truppe nazifasciste in Italia tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944. Nel territorio dei comuni di Marzabotto, Grizzana Morandi e Monzuno alle pendici di Monte Sole in provincia di Bologna persero la vita circa 1000 persone tra cui 5 preti.
A raccontarci di quei giorni Ferruccio scampato alla morte e unico superstite della sua famiglia di 15 persone trucidate senza pietà. Proprio a Monte Sole abbiamo potuto visitare una comunità di fratelli e sorelle cenobiti della Piccola Famiglia dell’Annunziata fondata da don Giuseppe Dossetti. La presenza di questa comunità nei luoghi dell’eccidio vuole essere un segno, un seme di speranza gettato nel terreno della storia. Un luogo in cui poter custodire la memoria di Dio attraverso la preghiera, la centralità della Parola, la celebrazione eucaristica e il silenzio.
Ultima tappa:Bologna
Nell’ultima tappa del nostro percorso abbiamo incontrato il cardinale arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi. Una condivisione familiare, amichevole, semplice e sincera che ci ha permesso di poter sperimentare la sua bella umanità. Ho iniziato questo breve resoconto del pellegrinaggio Firenze – Bologna con la citazione di un salmo, ma come dice il proverbio: “Ogni salmo finisce in gloria.” Dunque non potevo che chiudere ricordando l’agape fraterna con la quale abbiamo festeggiato il 5° anniversario di ordinazione del nostro don Rodolfo De Santis con la celebrazione eucaristica da lui stesso presieduta nella cripta del Duomo di Bologna e la torta che ha chiuso in bellezza un’esperienza che, credo, ci ha permesso di riscoprirci amici e soprattutto fratelli in Cristo.
di Don Daniele De Angelis