Scompartimento n.6 ha partecipato lo scorso maggio al Festival di Cannes dove è riuscito a vincere il premio come film della giuria entrando tra le pellicole più apprezzate della kermesse. Quello che abbiamo di fronte non è un’opera convenzionale: si tratta di un road movie che niente a che fare con le lunghe distese desertiche della Route 66 americana. Il regista del film, Juho Kuosmanen, dirige il viaggio di due poveri di spirito tra i paesaggi innevati della Russia. Il lungo percorso in treno da Mosca fino al circolo polare artico è il contorno per l’incontro tra l’universitaria Laura, interpretata da Seidi Haarla, e il minatore Ljoha che ha il volto del nuovo talento del cinema russo Jurij Borisov.
Uno scompartimento emozionale
Laura viaggia per raggiungere la città di Murmansk con l’obiettivo di studiare le attrazioni archeologiche del luogo ma soprattutto vuole sfuggire ad una travagliata storia d’amore. Sul suo vagone incontrerà il rude Ljoha, con cui condivide la meta finale, il quale è in viaggio per accettare il nuovo lavoro nella città artica. Come tutti i road movie vedremo un viaggio non solo materiale ma soprattutto spirituale. La pellicola analizza la ricerca dei due ragazzi verso rapporti emotivamente stabili e sinceri contro la superficialità sentimentale tipica della nuova società basata sul godimento immediato.
Una storia diversa
“Ho solo nostalgia di come mi guardava”. Sono le parole che Laura rivolge a Ljoha parlando della sua precedente relazione. La ragazza viene da un unione sentimentale basata sull’egoismo. Una relazione passeggera per superare una malinconia che è più interiore che esteriore. Un unione farlocca che serve solo a rinforzare il proprio ego cercando una costante rassicurazione più che un ascolto sincero. La relazione che si instaurerà tra Laura e Ljola è diversa. Non è una storia d’amore ma è l’incontro reciproco tra due persone sole che non sono mai state ascoltate da nessuno. Avvicinandosi rivalutano le relazioni sociali e il modo di esprimere i propri sentimenti. Il film è distate anni luce da una storia sentimentale convenzionale. Sarà perché ambientato in una russa di fine millennio, gelida, all’interno di un treno sporco e fatiscente dove la miseria umana è spesso mostrata nei momenti più cupi, ma il loro avvicinarsi non è frutto di un clichè cinematografico. È un lungo percorso fatto di parolacce, incomprensioni e disagio sociale che dono a Scompartimento n.6 un sincero tocco realista.
Le calde luci dell’inverno
Si tratta di un film introspettivo dove i colori caldi, tipici dei road movie americani, lasciano spazio ad una potente scala di grigi che, con il passare del tempo, con la redenzione emotiva dei protagonisti, si tramuta nel candido bianco della neve e nel blu notte del mare del nord. Da parte del regista si nota una cura notevole per gli aspetti visivi: non sono rari filtri elaborati per rendere l’immagine più sporca oppure particolari riflessi creati dall’unione di luci colorate con specchi riflettenti. Questo insieme di tecniche crea delle affascinati epifanie visive che riproducono i tipici effetti luminosi che si creano dai vetri dei finestrini dei treni. Il film è una piccola chicca per chi vuole esplorare una nuova cultura vedendola da una prospettiva differente. Una cartolina poco patinata della Russia che rispecchia una quotidianità rara e affascinante.
Voto finale 7+
di Quinto De Angelis