L’ultima fatica di James Bond arriva finalmente, e solo, al cinema. Un nuovo 007 sullo schermo. Un epica conclusione o un’occasione persa?
Quando si parla di 007 occorre sempre usare la massima cautela, come se stessimo maneggiando uno dei futuristici e pericolosi congegni di Q. La schiera nutrita di appassionati si divide in svariate categorie. Chi preferisce un attore anziché un’altro (Connery su tutti). Chi un film più realistico (Vendetta privata o Casino Royale) o chi uno più fantasioso (Thunderball o Goldfinger). Ciò che accomuna tutti però è il desiderio di godersi James Bond, la sua iconica musica, il gunbarrel iniziale, un buon film, un cattivo memorabile e il classico finale. Non potendo in alcun modo disattendere le prime tre, il regista e la produzione (tra i quali figura anche Daniel Craig) decidono di sorprendere e deludere con tutte le altre. Ma andiamo con ordine.
La nuova avventura di 007
In questo film Bond ha lasciato il servizio attivo e si gode una vita tranquilla in Giamaica. La quiete viene però interrotta quando il suo vecchio amico della CIA Felix Leiter ricompare chiedendogli aiuto. La missione è quella di liberare uno scienziato dai suoi sequestratori. Ciò si rivelerà molto più rischiosa del previsto, portando Bond sulle tracce di un misterioso criminale armato di una nuova e pericolosa tecnologia. Le sceneggiature, non è un mistero, non sono mai state il pezzo forte della saga dell’ agente segreto al “servizio di sua Maestà”. Il dominio del mondo, lo sterminio dell’umanità, lo scatenare guerre per vendere più copie del giornale (forse l’apice della demenza, sic!) o il voler dare via tutto per averne di più da parte dell’uomo più ricco del pianeta sono solo alcune delle trovate più bizzarre contro le quali il nostro doppio zero si è dovuto cimentare. Ma questa volta il film manca in tutti e tre dei succitati capisaldi della saga. Si, perché no time to die è tutto fuorché un film bello.
Un villain “particolare”
Un mix malriuscito di Jason Bourne che spara a John Wick mentre sta lottando con Ethan Hunt. Una sparatoria dietro l’altra che, al massimo, mostra come l’unico metro di giudizio dei cattivoni nello scegliere i loro uomini sia la pessima mira, anche da pochi centimetri. Ma se a questo disagio cinematografico eravamo stati comunque allenati da pellicole come Il domani non muore mai o La morte può attendere ciò che appare davvero sconvolgente è la totale mancanza di rispetto che questo film ha del villain. Da sempre il cattivo di 007 regge da solo il film o ne è l’arco narrativo carismatico e un antitesi perfetta del nostro eroe. A Bardem, Davi, Celi, Mikkelsen o Pleasence (solo per citare alcuni dei migliori) veniva data una presenza scenica tale da risultare indimenticabili. Ma Cary Fukunaga, attraverso una regia da spot pubblicitario, decide di affidare al bravissimo Malek il ruolo del più anonimo. Il personaggio risulta piatto come una tavola da surf e il più insignificante (eccetto per il suo ultimo “regalo”a Bond) cattivo della storia degli 007. Riesce anche a battere in volata il Gustav Graves di Tony Stephens (sia chiaro, non a livello recitativo).
Questione finale!
A questo punto, consapevoli di aver fatto un buco nell’acqua, i nostri (anti)eroi hanno deciso di giocarsi tutto con un finale “esplosivo”. Un rien va plus che tanto ricorda la folle giocata che costò a Le Chiffre il piatto contro Bond nel finale dell’indimenticabile Casino Royale. Un no happy ending a sorpresa (egoistico a parer mio) che lascerà i fan di James Bond senz’altro emozionanti, ma certamente delusi.
Chi si salva in questo 007?
In conclusione 007 No time to die è un film che toglie tutta la linfa che l’ottimo Craig aveva dato nei film precedenti trasformandosi in uno degli anonimi film di azione che ormai stanno saturando il mercato. Una menzione speciale merita l’agente Paloma (la bravissima Ana de Armas) che con la sua fugace apparizione cubana conquista e diverte gli spettatori. Poco altro da aggiungere se non che quest’ultima pallottola di James Bond non ha centrato il bersaglio.
di Ugo Quartaroli